ASTICI E ARAGOSTE:

ASTICI E ARAGOSTE:

PERCHÉ UNO SFORZO POSSIAMO FARLO E PERCHÉ IN FONDO È DAVVERO UN PICCOLO SFORZO

Sgomberiamo subito il campo dalla confusione, quel simpatico crostaceo che vi guarda del banco della pescheria con le sue chele legate è un astice e non un’aragosta. Quest’ultima infatti, oltre ad essere genericamente più rara da trovare, non è dotata di questo strumento d’offesa. In effetti il mercato dell’astice vivo è al momento molto più sviluppato e vede notevoli volumi di prodotto affrontare lunghi viaggi dal Nord America prima di giungere sulle nostre tavole.

È notizia di questi giorni che la Svizzera si è dotata di norme stringenti in merito al benessere di questi ed altri crostacei normalmente venduti vivi. Non così zelante è stata la Comunità Europea e, in assenza di linee guida ufficiali, le questioni che ruotano intorno alla gestione di questi animali nelle pescherie e nei ristoranti sono sfociate spesso in denunce, cause e pronunciamenti talora contrastanti. A macchia di leopardo, singoli comuni hanno emanato regolamenti (che hanno validità ovviamente solo sul territorio locale) che hanno creato disparità di regole e la diversa sensibilità o perizia dei CTU nominati dai tribunali ha reso gli esiti delle cause assai incerti.
L’argomento vede combattersi opposti estremismi, tra chi considera “pizzicottina” alla pari di un figlio e chi le attribuisce la stessa sensibilità di una carota. Credo che, come sempre, questo porti a perdere lucidità e a mandare messaggi controproducenti.

In primis bisogna rendersi conto che le battaglie reazionarie ormai sono largamente perdenti e che un po’ ovunque l’attenzione verso la sofferenza degli animali sta portando all’emanazione di più rigide regole di condotta. Questo processo ha riguardato naturalmente con più urgenza gli allevamenti legati alle produzioni di carne, latte e uova (ed è tutt’altro che prossimo alla conclusione), mentre sul settore della pesca si è ancora molto indietro. Inutile però illudersi che questi temi rimangano sopiti ancora a lungo e da anni istituti di ricerca e aziende produttrici di attrezzature per il settore sono al lavoro sullo sviluppo di metodi di cattura e soppressione che siano maggiormente rispettosi del benessere animale.

Ma se per i pesci siamo ancora in alto mare, ecco perché almeno al nostro povero astice possiamo concedere una morte rapida e dignitosa: si tratta infatti di applicare una metodica di semplice esecuzione e che non ha significative ricadute negative sulla qualità del prodotto finito. Il tutto ruota attorno alla distruzione del ganglio cerebrale, operata con un semplice coltello. Una manualità [vedi allegato] che viene resa più semplice dallo stato di intorpidimento in cui versano questi animali in condizioni di refrigerazione (che ricordiamo dovrebbero essere condotte a temperature di circa 6-8°C).

Questa tecnica (come pure le corrette modalità di conservazione ed esposizione) dovrebbe far parte obbligatoriamente del piano formativo degli operatori delle pescherie ed essere praticata appena prima di ogni cessione.

Ovviamente gli studi scientifici devono proseguire, per fornire al legislatore una solida base scientifica (chele legate o no, contatto con il ghiaccio o no, acquario o no, cellophane o no) al fine di ottenere delle linee guida che spazzino finalmente il campo dai dubbi e tolgano ogni alibi sia a chi ne approfitti per non adeguare la propria gestione agli standard sul benessere sia a chi utilizzi questo argomento come grimaldello per battaglie sproporzionate.

[Nota a margine: il tema presenta aspetti di notevole complessità scientifica e legale, che non ci siamo sentiti di affrontare in questa sede. Chi fosse interessato ad approfondire, è invitato a contattarci]

http://www.ansa.it/…/svizzera-da-marzo-vietato-bollire-vive…

https://t2.uc.ltmcdn.com/…/img_qual_e_la_differenza_tra_ara…

http://www.izsler.it/izs_bs/allegati/2250/ASTICIVIVI.pdf

By | 2018-01-25T21:57:42+02:00 Gennaio 25th, 2018|Uncategorized|0 Comments

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