Un lettore ci scrive: Un’informazione facoltativa sull’etichetta di un alimento del tipo “può contenere tracce di crostacei” o “prodotto in uno stabilimento in cui si lavorano crostacei” è corretta?
A più di sei anni dall’emanazione del reg. UE 1169, siamo ancora incapaci di fornire una lettura univoca delle disposizioni da fornire in etichetta e questo non solo in merito agli allergeni, che pure costituiscono uno degli argomenti più spinosi, non fosse altro perché, tra tutte le informazioni obbligatorie, sono quelle che hanno una più evidente ricaduta in termini di sicurezza.
La prima speranza che la comunicazione della Commissione Europea del 13 Luglio 2017 fosse dirimente è stata presto delusa e ancora una volta si è persa l’occasione per fornire certezze sia ai consumatori, sia ai produttori.
Inizio di nuovo dal precisare che il regolamento 1169 definisce modalità obbligatorie di comunicazione solo degli allergeni volontariamente aggiunti al prodotto (ingredienti, additivi).
Le informazioni aggiuntive (il famoso può contenere) vengono fornite sulla base di quanto disposto dall’articolo 36, ovvero su base volontaria: dal momento che contaminazioni accidentali possono verificarsi in corso di processo, l’azienda si tutela con informazioni aggiuntive. Tuttavia, quanto questa tutela sia effettiva non è cosa certa, in quanto l’azienda, in caso di contestazione, deve comunque dimostrare di aver preso tutte le precauzioni per evitare una contaminazione crociata.
L’articolo 36 precisa però che le informazioni volontarie (non ho esigenza di mettere elenco ingredienti ma lo faccio) dovevano essere fornite conformemente a quanto stabilito per le equivalenti informazioni obbligatorie, mentre le modalità di presentazione delle indicazioni facoltative aggiuntive (il nostro “può contenere”) dovevano essere normate con leggi nazionali, ma di queste non abbiamo traccia.
La comunicazione della Commissione Europea che allego, al punto 27 chiarisce che informazioni aggiuntive (ripetizioni, “contiene” seguito dal nome degli allergeni o immagini o altro al di fuori dell’elenco degli ingredienti) non sono possibili su base volontaria.
A una prima lettura questo sembrerebbe escludere ogni informazione aggiuntiva, ciononostante potrebbe più probabilmente riferirsi a modalità alternative di indicazione delle informazioni obbligatorie (vedi più sotto il considerando 47). Se così fosse, si aprirebbe di nuovo il campo al ”può contenere” per gli allergeni non aggiunti come ingredienti.
Veniamo invece al “tracce”. Da questo punto di vista c’è ancor più confusione: se da una parte il termine tracce fa riferimento ad una contaminazione minimale e accidentale, è altresì vero che non esiste al di fuori del caso “solfiti” alcun limite di tolleranza allergenica al di sotto del quale l’alimento possa essere considerato sicuro.
Già da tempo in molti sostengono dunque che la scritta tracce, contravvenendo ai presupposti di chiarezza dell’articolo 36 sulle informazioni obbligatorie, possa indurre il consumatore in errore.
In assenza dunque di indicazioni risolutive da parte del Legislatore e ai fini della massima tutela del consumatore, si dovrebbe ritenere che le informazioni facoltative in merito alle possibili cross contamination da allergeni vadano mantenute e rese essenziali, chiare, tali da non indurre in errore il consumatore.
In termini prudenziali, “può contenere crostacei” o “può contenere l’allergene crostacei” è forse la forma più accettabile.
Considerando 47 (1169) “L’esperienza dimostra che spesso i dati forniti volontaria¬mente sugli alimenti nuocciono alla chiarezza delle informazioni che devono essere fornite obbligatoriamente. È quindi opportuno stabilire criteri che aiutino gli operatori del settore alimentare e le autorità incaricate di far applicare la legislazione a trovare un equilibrio tra informazioni obbligatorie e informazioni facoltative sugli alimenti”
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52017XC1213(01)&from=IT
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