Anche se non riuscite a pronunciarlo, non vuol dire che non vi possa far venire il mal di pancia. Lo sanno bene 126 bimbi abruzzesi che nei giorni scorsi sono stati colti da sintomi quali: diarrea, dolori addominali, febbre, mal di testa, nausea e vomito (purtroppo però nell’1% dei pazienti, solitamente in soggetti molto anziani o molto giovani, si possono avere meningiti, endocarditi e aborti settici).
I bambini avevano consumato dei pasti ad alcune mense di scuole dell’infanzia ed elementari. A seguito degli episodi, le Autorità si sono attivate per identificare la causa e questa pare infine essere stata indicata appunto in una specie del genere Campylobacter, microrganismo di cui qualche tempo fa avevamo parlato (vi ricordate il post sul sushi di pollo?).
È giusto specificare che il termine “intossicazione” utilizzato da molte testate giornalistiche è assolutamente improprio: il batterio non produce tossine negli alimenti, ma infetta direttamente il tratto intestinale. Dovremmo dunque parlare di infezione.
La peculiarità di questo microrganismo è una scarsissima resistenza alle normali condizioni ambientali e anche a temperature di refrigerazione la sua vita non è molto lunga, il che stupisce in considerazione del suo ruolo così predominante nella casistica delle infezioni alimentari.
Si deve specificare che, in effetti, gli episodi epidemici come questo sono generalmente connessi alla contaminazione di acque o a contaminazioni crociate a livello industriale o di mense (come in questo caso), mentre casi dovuti a consumo di carni (soprattutto, ma non solo, di pollo) crude o poco cotte e cross contamination casalinga portano a casi sporadici. Questo ci porta a ritenere che Campylobacter sia da temere soprattutto come agente di contaminazioni crociate e, se la resistenza all’ambiente non è il suo forte, probabilmente a suo vantaggio gioca in questo caso il numero (quantità di microrganismi sulle singole matrici) e la ripetitività con cui esso può essere presente negli animali (in alcuni Paesi europei, il 90% dei pollai è risultato infetto e il batterio speso è asintomatico nei polli).
Insomma, una bella gatta da pelare, che deve spingerci a mantenere alta la guardia, anche a casa, quando manipoliamo carni (ad esempio non lavare il pollo), per evitare di contaminare le superfici e trasferire i microrganismi su altri alimenti.
https://www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/campylobacter
https://www.efsa.europa.eu/it/corporate/pub/factsheetcampylobacter
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